TRIBUNALE DI GENOVA 
                        Prima sezione civile 
 
    In persona del Giudice unico dott.ssa Maria Cristina Scarzella ha
pronunciato  la  seguente  ordinanza   di   rimessione   alla   Corte
costituzionale nella causa iscritta al n. 7625/2015 promossa da: 
    Edilcave Liguria S.r.l. in persona del legale rappresentante  pro
tempore, sig. Notari Giacomo (partita IVA 00334270097),  corrente  in
Genova, via Carlo Barabino n. 16/10, elettivamente domiciliata  nello
studio dell'avv. Enrico Peratello (codice  fiscale  PRTNRC70E03H620L)
in Genova, Salita Salvatore Viale n. 5/6, che la difende  ed  assiste
in forza di procura speciale in calce del ricorso parte opponente; 
    contro Citta' Metropolitana di Genova, succeduta ex lege (art. 1,
comma 16, legge n. 56/2014) alla  Provincia  di  Genova  partita  IVA
00949170104 - codice  fiscale  80007350103,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, con poteri  anche
disgiunti, dall'avv. Carlo Scaglia (codice fiscale SCGCRL62S15L219B),
dall'avv.  Valentina  Manzone  (codice  fiscale  MNZVNT72P65D969Y)  e
dall'avv. Lorenza Olmi (codice fiscale  LMOLNZ77S63D969B),  presso  i
quali e' elettivamente domiciliata, in Genova, piazzale Mazzini n. 2,
come da mandato a margine della comparsa di costituzione  e  risposta
parte opposta; 
 
                              In fatto 
 
    Con ricorso depositato  in  data  16  giugno  2015,  la  Edilcave
Liguria S.r.l. ha svolto opposizione avverso l'ordinanza  ingiunzione
di pagamento della Citta' Metropolitana di Genova, datata  18  maggio
2015 e notificata in data  18  maggio  2015,  n.  80/AS,  prot.  gen.
41491/2015,  con  cui  «richiamato  il  verbale  di  accertamento  di
violazione amministrativa n. 29/2011/AS del 16 settembre 2011 redatto
da agenti dell'Amministrazione provinciale di Genova - ambiente,  con
il quale  in  occasione  di  una  verifica  documentale  inerente  la
gestione di rifiuti prodotti e smaltiti presso il cantiere  sito  nel
comune di Genova e denominato "rete merci, nodo Genova-Ventimiglia  e
realizzazione della  variante  del  tracciato  del  tratto  di  linea
interessato a soluzione dell'interferenza con il nuovo assetto viario
di lungomare Canepa, localita' Sampierdarena" si e' rilevata una  non
corretta compilazione di n. 48 formulari  relativi  al  trasporto  di
rifiuti non pericolosi (CER 170504 "terre  e  ricce  da  scavo").  In
particolare,  si  e'  riscontrato  che:  a  fronte   della   corretta
indicazione del codice  di  recupero  e'  stata  barrata  la  casella
relativa all'attivita' di smaltimento, in violazione  dell'art.  193,
comma 1 del decreto legislativo  n.  152/2006,  sanzionato  dall'art.
258, comma 5, del medesimo decreto», e' stato ordinato ed ingiunto al
sig. Bonelli Giorgio e alla Edilcave Liguria S.r.l., quale  obbligata
in solido, di pagare la somma complessiva di euro 12.500,00. 
    L'opponente ha dedotto un unico motivo,  di  asserita  violazione
dell'art. 8-bis della legge n. 689/1981, quarto comma,  esponendo  in
fatto che le violazioni contestate attengono alla compilazione di  48
formulari compilati in tre distinte giornate, nel  breve  volgere  di
pochi minuti l'uno dall'altro, riferiti allo stesso cantiere  e  allo
stesso produttore, e che il medesimo errore di compilazione del primo
formulario  risulta  essere  stato  ripetuto  nella   redazione   dei
successivi  formulari;   in   considerazione   di   cio'   a   parere
dell'opponente si e' in presenza di una unica  condotta  illecita  di
durata, compiuta in tre giorni distinti, e quindi reiterata  per  tre
volte, come tale sussumibile nella disciplina dell'art. 8-bis,  comma
4 della legge  n.  689/1981.  Facendo  applicazione  di  detta  norma
(secondo cui che le violazioni amministrative successive alla  prima,
se  commesse  in   tempi   ravvicinati   e   riconducibili   ad   una
programmazione  unitaria,   non   sono   valutate   ai   fini   della
reiterazione)  avrebbero  dovuto  essere  comminate   tre   sanzioni,
ciascuna per l'importo di € 260, per un totale di € 789, anziche'  48
come accaduto. 
    Con decreto reso ai sensi dell'art. 415 del codice  di  procedura
civile, in data 25 giugno 2015 e'  stata  fissata  l'udienza  del  29
ottobre 2015 per la discussione e, starne  l'istanza  dell'opponente,
e' stata sospesa l'esecutivita' dell'ordinanza impugnata. 
    Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 16  ottobre
2015 si e' costituita in giudizio la Citta' Metropolitana di  Genova,
contestando le avverse difese e istanze,  chiedendo  il  rigetto  del
ricorso evidenziando in particolare che l'unificazione delle sanzioni
prevista dal primo camma dell'art. 8 della legge n. 689/1981 riguarda
la sola ipotesi in  cui  la  pluralita'  di  violazioni  discende  da
un'unica condotta e non opera invece nel caso di  condotte  distinte,
quali quelle in esame,  ove  l'accettazione  del  carico  di  rifiuti
accompagnati  da  un  formulario  compilato  non   correttamente   si
riferisce  a  48  distinti   trasporti   effettuati   con   modalita'
cronologiche distinte le une dalle altre e con  carichi  e  formulari
differenti. 
    In sede  di  discussione  e'  stata  prospettata  ex  officio  la
possibile  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  8,
secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, come  modificato
dall'art. 1-sexies della legge 31 gennaio 1986, n. 11,  limitatamente
alle parole «in materia di previdenza e assistenza obbligatorie»,  in
riferimento all'art. 3, primo comma,  della  Costituzione.  All'esito
della discussione, assunto il  provvedimento  in  riserva,  e'  stata
emessa la presente ordinanza di  rimessione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale, ritenendo integrati i presupposti di cui all'art. 23,
terzo comma della legge n. 87/1953. 
 
                            Norma oggetto 
 
    La norma oggetto della questione di  legittimita'  costituzionale
prospettata e' l'art. 8, secondo comma, della legge 24 novembre 1981,
n. 689, come modificato dall'art. 1-sexies  della  legge  31  gennaio
1986,  n.  11,  che  prevede:  «Alla  stessa  sanzione  prevista  dal
precedente comma soggiace anche chi con  piu'  azioni  od  omissioni,
esecutive di un medesimo disegno posto in  essere  in  violazione  di
norme che stabiliscono sanzioni amministrative,  commette,  anche  in
tempi diversi, piu' violazioni della stessa o  di  diverse  norme  di
legge  in  materia  di  previdenza   ed   assistenza   obbligatorie»,
limitatamente alle parole «in  materia  di  previdenza  e  assistenza
obbligatorie», avuto riguardo dell'art. 3 della  Costituzione,  primo
comma, quale parametro di legittimita' costituzionale. 
    La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8,  secondo
comma della legge 24 novembre 1981, n. 689, come modificato dall'art.
1-sexies della legge 31  gennaio  1986,  n.  11,  limitatamente  alle
parole «in materia di  previdenza  ed  assistenza  obbligatorie»,  in
riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione e' gia' stato
posta al vaglio della Corte costituzionale, da ultimo con l'ordinanza
di promovimento n. 139 del 15 aprile 2014  del  Consiglio  di  Stato,
sezione prima, e con l'ordinanza n. 48 atto di  promovimento  del  25
novembre 2014 dal Tribunale di Imperia. 
    In entrambi i casi l'esame della Corte si  e'  arrestato  per  la
manifesta inammissibilita' della questione come posta, rilevandosi in
entrambi i casi (vedi ordinanze n. 36/2015 e  n.  270/2015)  che  «la
motivazione dell'ordinanza di  rimessione  non  contiene  indicazioni
sufficienti ad una completa ricostruzione della  fattispecie  a  quo,
necessaria al fine  di  valutare  la  rilevanza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale;  che  in  particolare  l'ordinanza  non
chiarisce   quali   siano   gli   esatti   termini   degli   illeciti
amministrativi contestati con riferimento alle plurime  condotte  che
hanno  dato  luogo  al  provvedimento  sanzionatorio  impugnato;   in
particolare,  non  vengono  fornite  indicazioni  circa  le  concrete
modalita' esecutive delle violazioni,  con  riferimento  alla  natura
eterogenea delle plurime condotte, al contesto temporale  in  cui  le
stesse sono state realizzate e, in definitiva, alla  riconducibilita'
delle stesse ad un  medesimo  disegno  trasgressivo,  come  richiesto
dalla disposizione impugnata;  che  -  alla  luce  del  principio  di
autosufficienza  dell'ordinanza  di   rimessione   -   tale   carenza
costituisce   motivo   di   inammissibilita'   della   questione   di
legittimita' costituzionale, in quanto preclusiva  della  valutazione
della rilevanza, non essendo stati forniti sufficienti  elementi  che
consentano di ritenere che le  plurime  violazioni  contestate  siano
riconducibili al modello  del  concorso  materiale  e  possano  -  in
ipotesi - essere unificate sotto il vincolo della continuazione, come
disciplinato dall'art. 8, secondo  comma,  della  legge  n.  689  del
1981». 
 
                              Rilevanza 
 
    La scrivente, avuto riguardo al caso in  esame,  ritiene  che  la
questione  come  infra  prospettata  sia  rilevante  nella   presente
fattispecie, ove, a fronte di plurime condotte (il  che  comporta  la
inapplicabilita'  della  disciplina  del  concorso  formale  previsto
dall'art.  8  della  legge  n.  689/1981,  che  richiede   l'unicita'
dell'azione od omissione produttiva della pluralita'  di  violazioni,
nonche' delle disciplina dell'art.  8-bis  della  legge  n.  689/1981
invocata dall'opponente, che esplica i suoi effetti solo al  fine  di
rendere  inoperanti  le  ulteriori  conseguenze  sanzionatorie  della
reiterazione)  -  e'  stata  comminata  la   sanzione   della   somma
complessiva di € 12.500,00, comprensiva  di  €  20,00  per  spese  di
notifica, per la non corretta compilazione di 48  formulari  relativi
al trasporto di rifiuti  non  pericolosi,  compilazione  e  trasporti
avvenuti in data 15 dicembre 2010, 16  dicembre  2010  e  2  febbraio
2011. 
    In particolare si evidenzia che i formulari recanti la  data  del
15 dicembre 2010 risultano redatti in taluni casi a distanza di pochi
minuti l'uno dall'altro (ore 8,00, 9,05, 9,15, 10,05,  10,55,  11,35,
13,20, 13,45, 14,30, 15,56), cosi' come quelli del 16  dicembre  2010
(7,00, 7,30, 7,40, 9,00, 9,05,  9,10,  10,20,  10,25,  10,35,  11,00,
11,46, 11,48, 12,00, 13,26, 13,50, 14,00, 14,10, 14,55, 15,17, 15,20,
15,35) nonche' del 2 febbraio 2011 (7,30,  7,36,  7,37,  9,00,  9,12,
9,17, 9,50, 10,16, 10,40, 10,42, 11,00, 11,37, 11,50,  13,00,  13,15,
14,17,  14,20).  Tenuto  conto   del   brevissimo   lasso   temporale
intercorrente fra la compilazione dei formulari come sopra  indicati,
attesa la  coincidenza  del  produttore  dei  rifiuti,  dell'area  di
provenienza, e tenuto conto del brevissimo lasso di tempo  intercorso
fra la redazione dei verbali,  ben  puo'  ritenersi  che  essi  siano
frutto  di  un  medesimo  disegno;  se  il  cumulo  giuridico   fosse
applicabile al caso in  esame,  la  sanzione  complessiva  irrogabile
potrebbe in concreto essere notevolmente inferiore a quella irrogata,
in quanto, anche a considerare le  condotte  illecite  come  compiute
autonomamente una dall'altra, avuto riguardo ai tre  diversi  giorni,
la sanzione massima  aumentata  sino  al  triplo  per  effetto  della
continuazione potrebbe essere  notevolmente  ridotta  (posto  che  la
sanzione prevista dall'art. 258, comma 5 del decreto  legislativo  n.
152/2006 va da € 260 a € 1550 e che e' stata  applicata  la  sanzione
complessiva di €  12.500,  ottenuta  moltiplicando  la  sanzione  nel
minimo per il numero - 48  -  di  violazioni  riscontrate);  pertanto
l'eventuale declaratoria di  incostituzionalita'  della  disposizione
censurata   potrebbe   comportare   l'eventuale   annullamento    del
provvedimento sanzionatorio impugnato e/o la riduzione della sanzione
applicata. 
    Per tali ragioni, la scrivente ritiene soddisfatto  il  requisito
della  rilevanza  della  questione  di  legittimita'   costituzionale
prospettata. 
 
                     Non manifesta infondatezza 
 
    L'art. 8 della legge 24 novembre 1981,  n.  689,  sulle  sanzioni
amministrative,  contenente  «Modifiche  al   sistema   penale»,   ha
introdotto  nel  sistema  sanzionatorio  amministrativo   il   cumulo
giuridico corrispondente a quello previsto per le pene  dall'art.  81
del codice penale, ossia  il  concorso  formale  al  primo  comma,  e
successivamente al secondo comma, la  continuazione,  in  particolare
disponendo «(I) ... chi con  un'azione  od  omissione  viola  diverse
disposizioni che prevedono sanzioni amministrative  o  commette  piu'
violazioni della stessa disposizione: soggiace alla sanzione prevista
per la violazione piu' grave, aumentata sino  al  triplo.  (II)  Alla
stessa sanzione prevista dal precedente comma soggiace anche chi  con
piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno  posta  in
essere   in   violazione   di   norme   che   stabiliscono   sanzioni
amministrative, commette, anche in  tempi  diversi,  piu'  violazioni
della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza  ed
assistenza obbligatorie», e percio' limitando la continuazione, e  il
conseguente cumulo giuridico delle  pene,  alle  sole  violazioni  di
leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie (vedi,  fra
le altre la sentenza di Cassazione 21  giugno  2010,  n.  19659,  che
richiama    la    costante    giurisprudenza    che    ha    ritenuto
l'inapplicabilita' del «concorso materiale» fuori del caso predetto). 
    Circa la non manifesta infondatezza della questione, la scrivente
fa proprie le considerazioni gia' svolte dal Consiglio di Stato nella
recente ordinanza dell'aprile 2014  di  rimessione  degli  atti  alla
Corte  costituzionale,  del  cui  esito  si  e'  gia'  riferito;   in
particolare in tale pronuncia e' stato ripercorso l'excursus  storico
della disciplina penale relativa agli istituti del cumulo giuridico e
dell'assorbimento delle sanzioni in determinati casi di  concorso  di
illeciti, dal codice penale del 1889, fino alla riforma dell'art.  81
del codice Rocco, attuata con l'art. 8 del  decreto-legge  1°  aprile
1974, n. 99, convertito nella legge  7  giugno  1974,  n.  220,  che,
sostituendo il testo  dell'art.  81  del  codice  penale  con  quello
vigente, ha previsto il sistema  del  cumulo  giuridico  sia  per  il
concorso formale sia per la continuazione ed ha  esteso  quest'ultima
al  caso  di  piu'  violazioni  di  diverse  disposizioni  di   legge
(«Concorso formale. Reato continuato. (I) E' punito con la  pena  che
dovrebbe infliggersi per la violazione piu' grave aumentata  sino  al
triplo  chi  con  una  sola  azione  od   omissione   viola   diverse
disposizioni di legge ovvero commette piu' violazioni della  medesima
disposizione di legge (II). Alla stessa pena soggiace  chi  con  piu'
azioni od omissioni, esecutive  di  un  medesimo  disegno  criminoso,
commette anche in tempi diversi piu' violazioni  della  stessa  o  di
diverse  disposizioni  di  legge.  (III)  Nei   casi   preveduti   da
quest'articolo, la pena  non  puo'  essere  superiore  a  quella  che
sarebbe applicabile a norma degli  articoli  precedenti»).  E'  stato
evidenziato che la finalita' delle disposizioni trascritte e'  quella
di non pervenire a pene complessive spropositate quando la pluralita'
di reati consiste pur sempre in una medesima azione od omissione,  in
un  medesimo  fatto  secondo  la  terminologia  del  1889   (concorso
formale), o in una condotta, o comportamento, diretta a un unico fine
(continuazione). 
    Nel percorrere l'iter di approvazione  della  legge  n.  689  del
1981, pare opportuno evidenziare che il  disegno  di  legge  n.  339,
approvato dalla Camera dei deputati nella  seduta  del  18  settembre
1980,  prevedeva  all'art.  6  -  intitolato  «Piu'   violazioni   di
disposizioni che prevedono sanzioni  amministrative»  -  soltanto  il
concorso formale: «Salvo che diversamente stabilito dalla legge,  chi
con un'azione od omissione viola diverse disposizioni  che  prevedono
sanzioni amministrative  o  commette  piu'  violazioni  della  stessa
disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione  piu'
grave aumentata sino al triplo». 
    Il testo fu soppresso dal Senato (testo trasmesso alla Camera  il
17 giugno 1981) essendo stato ritenuto superfluo - a quanto si  legge
ne resoconto della seduta della IV commissione della  Camera  del  22
luglio 1931 - perche' la disposizione  era  ricavabile  dai  principi
generali; ma fu  ripristinato  dalla  Camera,  nella  seduta  del  10
settembre 1981 della IV commissione, sempre  con  la  previsione  del
cumulo giuridico per il concorso formale di illeciti. In  tale  testo
e' stato emanato l'art. 8 della legge n.  689  del  1981.  Il  cumulo
giuridico per la continuazione fu introdotto dall'art. 1-sexies della
legge  31  gennaio  1986,  n.  11,  di  conversione  in   legge   del
decreto-legge 2 dicembre 1985, n. 688, recante  misure  urgenti,  tra
l'altro,  in  materia   previdenziale,   nel   quadro   della   lotta
all'evasione contributiva, allo scopo di evitare una pesantezza delle
sanzioni che avrebbe potuto scoraggiare gli  evasori  a  mettersi  in
regola (seduta della Camera del 24 gennaio  1986).  Ne  e'  risultato
l'attuale  secondo  comma  dell'art.  8,  secondo  cui  «Alla  stessa
sanzione prevista dal precedente comma»  (per  il  concorso  formale)
«soggiace anche chi con piu' azioni od  omissioni,  esecutive  di  un
medesimo  disegno  posto  in  essere  in  violazione  di  norme   che
stabiliscono  sanzioni  amministrative,  commette,  anche  in   tempi
diversi, piu' violazioni della stessa o di diverse norme di legge  in
materia di previdenza ed assistenza obbligatorie»; e  la  limitazione
e' dovuta a null'altro che alla circostanza che la normativa in esame
atteneva alla materia previdenziale, senza  nessuna  riconsiderazione
del sistema sanzionatorio generale. 
    Cosi' ricostruito il quadro normativo, sovviene alla scrivente il
dubbio che la limitazione, cosi' introdotta, della continuazione alle
sole violazioni in materia di previdenza ed  assistenza  obbligatorie
crei  un'irrazionale  disparita'  di  trattamento,  tra  chi  appunto
commetta violazioni in materia previdenziale e  assistenziale  e  chi
commetta illeciti amministrativi in altre materie. 
    Pur non dubitando del fatto che  rientri  nella  discrezionalita'
del legislatore differenziare all'interno del  sistema  sanzionatorio
il  trattamento  del  concorso  d'illeciti  -  prevedendo  il  cumulo
giuridico delle sanzioni per il solo concorso formale e non anche per
l'illecito continuato o viceversa (per quanto la  mancata  previsione
della continuazione gia' nel testo originario della legge n. 689  del
1981 sembri essere stata piuttosto casuale che voluta)  -  e  neppure
che il legislatore abbia la facolta' di sottrarre  al  beneficio  del
cumulo  giuridico,  assoggettandole  al  cumulo  materiale,  sanzioni
prescritte per violazioni in una  determinata  materia,  nella  quale
ritenga sussistenti ragioni per usare un particolare rigore, tuttavia
permane il dubbio se il legislatore possa, introducendo in una  legge
recante la  disciplina  generale  sulla  repressione  degli  illeciti
amministrativi, con  una  legge  settoriale,  un  istituto  parimenti
generale di mitigazione delle  sanzioni  qual  e'  la  continuazione,
limitarlo alla sola materia considerata dalla legge settoriale, cosi'
immotivatamente escludendolo da tutte le altre;  tanto  piu'  che  la
continuazione, come istituto di mitigazione delle sanzioni appunto in
linea di principio e salvo ragionevoli eccezioni, e'  valida  per  la
generalita' delle leggi repressive. 
    Ancora:  pur  prendendo  atto   che   la   Corte   costituzionale
nell'ordinanza   sopra   indicata   -   benche'   abbia    dichiarato
manifestamente inammissibile per difetto di  rilevanza  la  questione
come prospettata - ha parimenti rilevato  la  inammissibilita'  della
stessa  osservando  che  «un  intervento  come  quello  invocato  dal
rimettente  deve  ritenersi  precluso  dalla   discrezionalita'   del
legislatore nel configurare trattamento sanzionatorio per il concorso
tra  plurime  violazioni,  nonche'   per   l'assenza   di   soluzione
costituzionalmente obbligate (ordinanza n. 280 del 1999 , n.  23  del
1995, n. 468 del 1989)», la scrivente  auspica  una  riconsiderazione
della questione alla luce delle argomentazioni svolte nella  presente
sede. Da un lato si osserva che l'esclusione del cumulo formale  alla
continuazione non sembra  essere  motivato  da  discrezionalita'  del
legislatore, che ben potrebbe sottrarre una determinata materia  alla
disciplina generale della  continuazione,  purche'  tale  scelta  sia
motivata da una ratio di tutela di particolari  beni  giuridici,  che
renda opportuno un maggior rigore sanzionatorio; l'attuale disciplina
sembra riconducibile piuttosto ad un intervento casuale, originato da
una riforma settoriale, che comporta una differenziazione  immotivata
e incoerente con il sistema; d'altra parte si rileva che  i  richiami
al legislatore  svolti  dalla  stessa  Corte  costituzionale  in  due
precedenti  ordinanze  (n.  468/1989  e  n.   23/1995,   volti   alla
formulazione di una disciplina organica, relativa all'accertamento  e
alla contestazione  della  continuazione,  non  sarebbero  altrimenti
comprensibili - se non presupponendo la condivisione  della  medesima
opportunita' di rimeditazione in oggi rappresentata, in  ragione  del
dubbio di costituzionalita' della predetta normativa. 
    Con riferimento al dubbio  di  costituzionalita'  prospettato  in
questa sede, lo scrutinio della Corte ben potrebbe avere come oggetto
l'opportunita' della scelta compiuta dal legislatore in relazione  al
principio  di  ragionevolezza.  Come  pacificamente  affermato  dalla
giurisprudenza della  Corte  costituzionale.  «La  ragionevolezza  si
manifesta anche come non arbitrarieta', quando la scelta  legislativa
sia sostenuta da una ragione giustificatrice sufficiente  ovvero  non
si presenti  come  costituzionalmente  intollerabile»  (si  confronti
sentenza n. 206 del 1999). Nel caso di specie, alla  luce  di  quanto
sopra  premesso,   la   scrivente   nutre   dubbi   di   legittimita'
costituzionale in merito  alla  non  arbitrarieta'  della  previsione
normativa che applica il cumulo formale con riferimento ad  un  unico
settore normativo, anziche' prevedere una disciplina organica, con la
conseguente  esclusione  del  medesimo  trattamento  sanzionatorio  a
fattispecie analoghe. 
    La  stessa  Corte  ha  gia'  ritenuto  che   «Il   sindacato   di
ragionevolezza puo' consistere anche  in  una  valutazione  circa  la
proporzionalita',  la  congruita',   l'adeguatezza,   l'eccessivita',
l'equilibrio,  ecc.,  del  mezzo  (strumento,   meccanismo,   misura)
rispetto al fine perseguito. In questi casi il criterio del  giudizio
di ragionevolezza non si risolve nei termini di  una  valutazione  di
conformita',    quanto    piuttosto     in     termini     di     non
difformita'/accettabilita'/plausibilita'   di   una   certa    scelta
legislativa.». 
    In tal senso si era espressa anche la sentenza n. 1130  del  1988
che  stabiliva  che  «il  giudizio  di'  ragionevolezza,  lungi   dal
comportare  il  ricorso  a  criteri   di   valutazione   assoluti   e
astrattamente prefissati, si svolge attraverso ponderazioni  relative
alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore  nella  sua
insindacabile discrezionalita' rispetto alle  esigenze  obiettive  da
soddisfare o alle finalita'  che  intende  perseguire,  tenuto  conto
delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti». 
    La sentenza n. 14 del  1964,  sull'espropriazione  delle  imprese
elettriche, e'  fra  le  prime  a  esemplificare  la  valutazione  di
ragionevolezza; in essa, sia pure per  escluderli,  si  menzionano  i
criteri di  illogicita',  arbitrarieta'  o  contraddittorieta':  «Per
potere affermare che la legge  denunziata  non  risponda  a  fini  di
utilita'  generale  ai  sensi  dell'art.   43   della   Costituzione,
bisognerebbe che  risultasse:  che  l'organo  legislativo  non  abbia
compiuto un apprezzamento di tali fini e dei mezzi per raggiungerli o
che questo apprezzamento sia stato  inficiato  da  criteri  illogici,
arbitrari o  contraddittori  ovvero  che  l'apprezzamento  stesso  si
manifesti in palese contrasto con i presupposti di fatto. Ci  sarebbe
anche vizio di legittimita' se  si  accertasse  che  la  legge  abbia
predisposto mezzi assolutamente inidonei o contrastanti con lo  scopo
che essa doveva  conseguire  ovvero  se  risultasse  che  gli  organi
legislativi si siano serviti della legge per realizzare una finalita'
diversa da quella di utilita' generale che  la  norma  costituzionale
addita». 
    Il maggiore rigore dovuto  alla  mancata  previsione  del  cumulo
formale alla continuazione, salvo  nel  settore  della  previdenza  e
dell'assistenza obbligatorie, non supera a parere della scrivente  il
vaglio di plausibilita' richiesto dal  principio  di  ragionevolezza:
non sembra infatti rinvenibile  alcuna  ratio  giustificatrice  della
differenziazione delle conseguenze sanzionatorie stabilite, che renda
adeguato  e   congruo   lo   strumento   deterrente   rispetto   alla
riprovevolezza del comportamento punito. 
    In  ragione  di  tali  principi,  si   puo'   ritenere   che   la
ragionevolezza assurga a  parametro  di  coerenza  di  una  norma  al
sistema, al quadro normativo  o  ai  principi  generali  del  sistema
stesso. 
    Nella sentenza n.  84  del  1997,  la  Corte  ha  affermato:  «La
semplice constatazione che le due norme poste  a  raffronto  facciano
parte di sistemi distinti ed autonomi non basta ad escludere che  sia
irragionevole il risultato normativo: il canone della  ragionevolezza
deve trovare applicazione non solo all'interno del  singoli  comparti
normativi, ma anche con riguardo all'intero sistema». 
    Alla luce di quanto sopra illustrato permane il  dubbio  in  capo
alla scrivente che in  ipotesi  quali  quella  oggetto  del  presente
procedimento, caratterizzate da plurime condotte tenute in  un  breve
arco  temporale  violative  della  medesima  disposizione  di   legge
l'inapplicabilita' della continuazione  e  del  regime  del  concorso
formale non sia coerente al sistema sanzionatorio nel suo  complesso,
posto che la limitazione della continuazione  alla  sola  materia  di
previdenza e assistenza obbligatorie non sembra aderente al principio
di ragionevolezza.